(dal
Seminario: "Sei cio' che mangi: ritorno all'alimentazione
naturale" indetto in Savona dall'associazione
bioTeam il 23 marzo 2001)
Le
intolleranze alimentari sono una della cause più
importanti che disturbano la nostra forma psico-fisica.
L'"Ecologia Clinica", branca medica
che studia questo fenomeno, e' nata nel 1945 e
si e' molto sviluppata in Inghilterra e in Germania.
Sono vere e proprie assuefazioni a sostanze comuni
come gli alimenti che danno una sintomatologia
dopo anni di assunzione in apparente benessere.
Esse vanno nettamente distinte dalle allergie,
dalle intossicazioni acute e dalle intossicazioni
alimentari che hanno sempre un preciso e molto
stretto nesso cronologico.
Secondo la medicina olistica e naturale i nostri
disturbi (metabolici, allergici, respiratori,
cutanei, gastroenterici, urogenitali, psicologici,…)
derivano da una somma di potenziali agenti nocivi
che vanno dall'aria che respiriamo, all'inquinamento
elettromagnetico, al rumore degli appartamenti
vicini, allo stress di vita quotidiana, al cibo
che mangiamo ormai tutto manipolato e non più
naturale come una volta. Di qui il notevole incremento
sia delle malattie degenerative che funzionali.
Diceva il prof. Hans Seyle di Montreal: "E'
come se il nostro organismo avesse un livello
di tolleranza, oltre il quale non riuscisse a
mantenere l'omeostasi, ed entrasse quindi in fase
di 'malattia'".
Con opportuni e semplici test (EAV, Vega, Mora,
Kinesiologico, …) e' possibile capire con assoluta
precisione quali sono i fattori disturbanti la
singola persona e che provocano quelle patologie
funzionali croniche spesso molto invalidanti (cefalee,
allergie, stipsi, diarree, obesita', asma, coliti,
orticarie, dermatiti,…) che trovano altrimenti
solo delle risposte sintomatologiche. Si scopre,
spesso, che la parte del leone la fanno proprio
le intolleranze alimentari, ed e' quindi sufficiente,
in molti casi, eliminare un cibo dalla nostra
alimentazione per qualche breve periodo, praticando
contemporaneamente una terapia naturale disintossicante,
per migliorare rapidamente la nostra salute.
Sempre il prof. Seyle ci da' comunque una brutta
notizia: "i cibi più sospetti sono
solitamente quelli che consumiamo di più,
perché ci piacciono molto". Questo
apparente paradosso lo si spiega con le tre fasi
della "Sindrome generale d'adattamento":
1. Allarme
2. Adattamento
3. Esaurimento
Classificazione
delle reazioni avverse ai cibi
1. Allergia:
manifestazione con reazione
simultanea, o quasi, ad un alimento
ingerito (per esempio: orticaria
dopo aver ingerito fragole,
angioderma dopo aver mangiato
crostacei, etc.). 2. Pseudoallergie: deficit
enzimatici (per esempio: favismo). 3. Ipersensibilità:
reazione ad alimenti che liberano
istamina (per esempio: vino
rosso, cioccolato, pesce in
scatola, etc.). 4. Reazioni tossiche:
avvelenamento da funghi o cibi
avariati, botulismo etc.. 5. Intolleranze alimentari:
reazione indesiderata conseguente
all'ingestione di un alimento.
Test
per l'intolleranza alimentare
Test Alcat:
e' la versione computerizzata
dei test citotossici. La differenza
e' che in contatto con gli alimenti
sospettati viene messo il sangue
intero, perché al suo
interno sono presenti sostanze
che possono partecipare all'azione
contro i globuli bianchi. Dopo
circa dieci minuti, le altre
componenti del sangue sono distrutte
e i globuli bianchi (messi su
di un vetrino) vengono letti
da un computer, che fa lo stesso
lavoro di un tecnico di laboratorio,
ma in modo più rapido
e riproducibile.
Test Citotossici:
si basano su una considerazione
fatta negli anni trenta: "quando
i globuli bianchi entrano in
contatto con una sostanza alla
quale l'organismo e' intollerante
si ha una loro distruzione o
modificazione, che puo' essere
analizzata al microscopio".
I test citotossici consistono
in un prelievo del sangue. I
globuli bianchi sono separati
dagli altri componenti e divisi
in più gruppi: uno da
usare come elemento di confronto
(come sono i globuli bianchi
del soggetto quando non vengono
a contatto con sostanze "nocive")
gli altri vengono messi in contatto
con un alimento diverso. Il
tecnico di laboratorio, al microscopio,
conta i globuli bianchi, ne
osserva la forma e il volume
per verificare i possibili cambiamenti.
Test da
carico: dopo un colloquio
approfondito con il paziente,
il medico identifica l'alimento
che puo' provocare l'intolleranza,
che viene eliminato dalla dieta.
Dopo circa due settimane il
cibo viene nuovamente introdotto
nel menù e se ricompaiono
i sintomi, e' palese che i sospetti
erano certi. Diversamente si
deve ricominciare da capo. Questo
test puo' andare avanti per
un lungo periodo a volte anche
un anno o più, perché
gli alimenti sospetti possono
essere molti.
Test Dria:
si basa sul principio che uno
stimolo negativo (come un cibo
non tollerato dall'organismo)
causa una caduta della forza
muscolare. Durante il Dria test
bisogna indossate una specie
di cavigliera dove e' inserito
un trasduttore di forza (apparecchio
che misura la forza muscolare
e la trasforma in un grafico)
collegato ad un computer. Stando
seduti si esegue un movimento
con la gamba dopo che il medico
ha versato in bocca una soluzione
liquida del cibo. In un'ora
vengono testati circa 30/40
alimenti sospetti.