Siamo
immersi in un oceano di piacere. Questa è
la convinzione di Milton Trager che, con il suo
metodo, prima di ogni altra cosa, mira a farci
vivere un'esperienza di contatto con la gioia,
la leggerezza e la felicità.
Assistere a un trattamento Trager può far
venire in mente, come prima impressione, il movimento
universale e rassicurante con cui una mamma culla
il suo bambino. Ma questo metodo, che si basa
appunto su un 'dondolio' leggerissimo e ritmico,
giocoso e ipnotico insieme, cela una storia, un
significato e implicazioni affascinanti e complesse.
Il Trager è stato definito in tanti modi:
"un approccio corporeo per combattere le
tensioni della psiche"; "un parlare
alla mente con la voce delle mani"; "un
modo per contattare l'inconscio"; "lavorare
sul corpo, anzi giocare con il corpo per renderlo
libero".
Non si tratta di una terapia, che dovrebbe comprendere
una diagnosi e differenziarsi per ciascun individuo.
Il Trager è invece un sistema generale
aspecifico, che porta giovamento qualunque sia
il problema della persona.
Non c'è dunque una formula, un insieme
di regole: è piuttosto un 'approccio',
un modo di imparare e insegnare la rieducazione
al movimento. Milton Trager dichiarava che i suoi
pazienti e clienti avrebbero assimilato una lezione.
Non si preoccupava tanto di muovere determinati
muscoli o articolazioni in sé, ma di produrre,
muovendoli, una particolare esperienza positiva.
Il Trager è un metodo per 'addormentare'
il cervello e fargli dimenticare schemi disfunzionali
acquisiti per traumi, stress, cattive abitudini,
suggerendogliene di nuovi. Milton Trager partì
dal concetto per cui se nel corpo c'è un
dolore, una tensione, una contrattura, essa non
è legata ai muscoli ma al cervello.
Un aneddoto, famosissimo, potrà chiarire
meglio. Il dottor Milton Trager incontrò
un giorno, in un ospedale militare nel Pacifico,
un uomo di settantacinque anni che si apprestava
a subire un intervento chirurgico all'addome.
Quest'uomo era così contratto e rigido
che, per voltarsi, doveva girare tutto il corpo.
Più tardi però, durante l'anestesia,
i suoi arti erano diventati così sciolti
che il personale dovette legarlo al tavolo per
poter eseguire l'intervento. Milton Trager osservò
poi che, man mano che il paziente riemergeva dall'anestesia,
il suo corpo riprendeva la sue corazza. Capì
dunque che è la mente a memorizzare gli
schemi di rigidità. Ed è questa
che va sbloccata per liberare il corpo.